La Farina

Parlando di impasti base come non darvi qualche cenno di cosa è la farina in maniera generica, non tanto per darvi lezioni ma giusto per darvi qualche conoscenza in più per chi magari ancora non conosce. La farina è il prodotto ricavato dalla macinazione di cereali o di altri prodotti.
Nell’uso comune, il termine farina serve ad indicare in genere quella di grano e in particolar modo quella di grano tenero, mentre si usa la parola semola per la farina di grano duro.
Per il loro ruolo nella fabbricazione di pane e di pasta, queste sono infatti le più diffuse nel mondo, tutelate dalle leggi dei diversi paesi.
Esistono anche farine di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di Khorasan, di monococco ecc. oppure di legumi, di frutta a guscio, di castagne, di ceci, di tuberi e perfino di alcune specie di acacia australiane.
Anche la parola fecola indica un tipo di farina come fecola di patate. La farina è il prodotto ricavato dalla macinazione di cereali o di altri prodotti.
Dalla macinazione del grano tenero si ottiene una resa in farina che oscilla tra il 70 e l’82%; il rimanente 18-30% è costituito da crusca, cruschello, Germe, farinaccio.
La Farina 00 è quella più raffinata e priva di particelle di crusca e cruschello. La Farina integrale è quella con la più alta percentuale di cruschello e crusca.
In precedenza parlando della pizza vi ho accennato di “forza della farina” e ora vi spiego cosa serve cosicché in un futuro sappiate quali son le farine migliori per certe preparazioni e quali no.
La proprietà più importante della farina è la sua forza, cioè la capacità di resistere nell’arco del tempo alla lavorazione.
La forza della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla, quindi dal suo contenuto proteico. In base alla proprietà reologiche della massa si parlerà di: Stabilità (S), tempo di sviluppo (T), caduta, forza (W), resistenza (P) ed elasticità (L) che permettono di classificare le farine in base all’utilizzo finale. Farine con elevati valori di S e W saranno farine in grado di sopportare tempi lunghi sia di impastamento sia di fermentazione e/o maturazione e quindi varierà anche il tempo necessario per la lievitazione. La metodologia consiste nell’impastare 250 g di farina con acqua leggermente salata per otto minuti, ricavare da questo impasto cinque “pastine” rotonde. Queste riposeranno 15 minuti circa a 25 °C in un apposito scomparto dell’Alveografo, per poi venire poste su un sistema di insufflaggio di aria che ne testerà la resistenza. Le “pastine” si gonfieranno e in base al volume della sfera ricavato, si avrà il P, L e il W della farina. Va da sé che, più grande sarà la sfera, più forza avrà la farina.
Un alto valore di W indica un alto contenuto di glutine; questo vuol dire che la farina assorbirà molta acqua e che l’impasto sarà resistente e tenace, e che lieviterà lentamente perché le maglie del reticolo di glutine saranno fitte e resistenti. Viceversa, un W basso indica una farina che ha bisogno di poca acqua e che lievita in fretta, ma che darà un impasto (e un pane) leggero e poco consistente.
Ecco un indice di massima:
Fino a W 170 (deboli): per biscotti, cialde e dolci friabili; anche per besciamella e per rapprendere salse.
Da W 180 a W 260 (medie): pane francese, panini all’olio, pizza, pasta: assorbono dal 55% al 65% del loro peso in acqua.
Da W 280 a W 350 (forti): pane classico, pizza, pasta all’uovo, pasticceria a lunga lievitazione: babà, brioche. Assorbono dal 65% al 75% del loro peso in acqua.
Oltre i W 350: in genere fatte con particolari tipi di grano, vengono usate per “rinforzare” farine più deboli, mescolandovele, oppure per prodotti particolari. Possono assorbire fino al 100% del loro peso in acqua.